L’approccio ufficiale della Cina Popolare alla guerra della Russia in Ucraina è la neutralità. Tuttavia, dall’inizio dell’invasione, in alcuni casi Pechino ha agito da facilitatore della Russia. Ciò è particolarmente evidente quando si esaminano alcune attività del governo cinese che hanno un impatto sul conflitto in Ucraina: gli sforzi cinesi per minare le sanzioni internazionali alla Russia; dichiarazioni di funzionari del governo cinese sul conflitto ucraino; così come i commenti di analisi dei media cinesi che riflettono le posizioni ufficiali russe e le linee guida sulla censura di Mosca.
Nel settembre 1939, la Seconda Guerra Mondiale fu purtroppo causata dalle folli ambizioni ultranazionaliste del cancelliere a vita Adolf Hitler. Di fatto, per gli storici, quasi tutte le guerre sistemiche sono state causate da ultranazionalisti al potere a vita.
Presidenti a vita ultranazionalisti
L’aggressione russa all’Ucraina è iniziata con la decisione in tal senso del presidente a vita e ultranazionalista russo Vladimir Putin, che si è dimostrato coeso con i nazionalisti ancora più estremisti di cui si è circondato. Oggi a Pechino c’è un nuovo “imperatore” cinese, il presidente a vita Xi Jinping, che mostra tutti i segni dello stesso agone di potere interno assoluto, smisurata ambizione e, speriamo illusorio ultranazionalismo.
I primi segnali della crescente megalomania di Xi sono stati l’umiliazione del suo predecessore Hu Jintao nell’ottobre 2022, facendolo espellere con la forza dalla Grande Sala del Popolo. Come tutti gli ultranazionalisti, la base di potere di Xi sono le forze armate, il fiorente, ma ancora deficitario a livello di esperienza internazionale, Esercito Popolare di Liberazione (PLA).
Come tutti gli imperatori del passato, Xi si sta muovendo prima di tutto per reprimere qualsiasi dissenso all’interno del Partito Comunista Cinese, indebolendo nel frattempo gli avversari all’estero. Nell’ultimo mese Xi ha “fatto scomparire” l’ex ministro degli esteri Qin Gang e avrebbe probabilmente “epurato” quasi tutti gli alti ufficiali delle unità missilistiche del PLA.
All’estero, la Cina Popolare è quotidianamente impegnata in attacchi informatici e spionaggio, con gli Stati Uniti che ora cercano di eliminare i virus informatici che Washington ritiene che i cinesi abbiano inserito nell’infrastruttura nazionale critica da cui dipendono le loro forze armate.
Gli obiettivi di Xi
Xi ha chiarito gli obiettivi della sua ambizione: la reintegrazione forzata della democratica Repubblica di Cina – Taiwan nello Stato cinese, la sottomissione forzata degli Stati che si affacciano sul Mar Cinese Meridionale a una sfera d’influenza cinese, l’espulsione degli Stati Uniti dall’Asia orientale, l’uso del soft power economico cinese per spingere l’Occidente fuori da Medio Oriente e Africa e sfruttare il sistema della creazione del debito cinese nei Paesi in difficoltà di bilancio per creare de facto “cavalli di Troia” sia all’interno della Nato che dell’Ue.
Occidente distratto
Secondo molti analisti, c’era un’altra cosa che gli ultranazionalisti del passato hanno in comune con gli ultranazionalisti del presente: un mondo libero distratto che nega la minaccia sistemica che rappresentano le autarchie al momento dominanti.
Gli Stati europei si stanno tardivamente rendendo conto della minaccia. La sorsa settimana il ministro della difesa Guido Crosetto ha correttamente messo in guardia sulla minaccia rappresentata dall’adesione dell’Italia alla Belt and Chains Initiative di Pechino. Al vertice Nato di Madrid del luglio 2022, l’Alleanza aveva, infine, già confermato che “le operazioni ibride e informatiche dannose della Cina Popolare e la sua retorica conflittuale e la disinformazione prendono di mira gli alleati e danneggiano la sicurezza dell’Alleanza”.
Anche la Gran Bretagna (e dovrebbero anche Germania e Francia) è preoccupata della penetrazione nella sua società ed economia dei cinesi di Pechino.
Sebbene sia vitale che l’Occidente continui a parlare con la Cina Popolare ed eviti la sindrome della “guerra è inevitabile”, ora è anche fondamentale che Pechino si renda conto dei costi che dovrebbe sostenere se Xi dovesse mai tentare di realizzare le sue ambizioni ultranazionaliste modello Putin.
La conferenza di Gedda
È nell’ottica di quanto precede che vanno visti i colloqui organizzati dall’Arabia Saudita ieri a Gedda per trovare una soluzione diplomatica al conflitto ucraino. Al vertice, cui l’Ucraina è presente ai massimi livelli governativi, partecipano i consiglieri della sicurezza nazionale di una quarantina di Paesi – esclusa però la Russia – fra cui anche un emissario inviato dal governo cinese (il che rappresenta un segnale d’interesse da parte di Pechino), insieme ai rappresentanti di Paesi dell’Africa e dell’America Latina come Sud Africa, India e Brasile (che insieme a Russia e Cina Popolare compongono il gruppo dei BRICS).
L’obiettivo principale per Kiev è quello di ottenere un maggiore sostegno internazionale – e in particolare dai Paesi che fino ad ora si sono dichiarati neutrali, come Brasile, India o Sudafrica – al proprio piano di pace, o quanto meno ai principi che lo ispirano. Al momento rimane invece esclusa qualsiasi ipotesi di un negoziato diretto fra le parti, perché è ancora in corso la fallimentare (per i risultati che si era proposta ed erano stati pubblicizzati) controffensiva ucraina che mirava a riprendere alla Russia parte del territorio occupato nelle prime settimane di conflitto.
A Gedda è presente anche il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan, oltre a rappresentanti dei Paesi dell’Unione europea e del Canada. La conferenza ospitata dalla città saudita sul Mar Rosso segue un incontro simile avvenuto a Copenaghen lo scorso giugno, conclusosi senza alcun comunicato formale, e nello specifico l’Ucraina sta aumentando così i suoi sforzi per coinvolgere i principali Paesi in via di sviluppo e tentare di isolare Mosca a livello internazionale in vista di un “vertice di pace” che Kyiv spererebbe di organizzare prima della fine dell’anno.