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25 aprile, il vero peccato originale della destra? Non essere di sinistra

Peccato che certi sacerdoti dell’antifascismo militante provino imbarazzo quando si tratta di sostenere la Resistenza degli ucraini

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Oggi, 25 aprile 2023, sarà l’occasione per celebrare la Liberazione dal regime nazifascista con tutto ciò che di positivo ne è conseguito per il nostro Paese? Temiamo di no. Perché in questa data, ogni anno, di tutto si parla fuorché della Liberazione dal regime mussoliniano. E quando se ne parla, se ne parla per rinfacciare alla destra italiana un presunto peccato originale.

È sempre stato così: cortei e proteste contro il fascista di turno (anche contro chi fascista non è mai stato), scomuniche e censure nel mondo della cultura e dell’informazione, accuse di razzismo-misoginia-omofobia a chiunque non si adegui al pensiero dominante, che è poi il pensiero progressista, e via dicendo.

Perché mai dovrebbe cambiare qualcosa questo 25 aprile, a maggior ragione con la destra al governo? A maggior ragione con questo Pd, ostaggio del massimalismo barricadero di Elly Schlein? A maggior ragione con il Terzo Polo in stato di decomposizione?

Le condanne del fascismo

Nel corso della sua storia, la destra italiana — che al pari della sinistra accoglie le anime più variegate — ha condannato il fascismo in numerose occasioni. Per ultima, si pensi alle parole pronunciate da Giorgia Meloni nel suo discorso di insediamento alla Camera lo scorso ottobre:

Libertà e democrazia sono gli elementi distintivi della civiltà europea contemporanea nei quali da sempre mi riconosco. E dunque, a dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso.

Parole definitive e perfino ridondanti, tenendo conto che a condannare il fascismo aveva già provveduto il leader di An Gianfranco Fini con la celebre svolta di Fiuggi quasi trent’anni prima, nel 1995:

La destra politica non è figlia del fascismo. I valori della destra preesistono al fascismo, lo hanno attraversato e ad esso sono sopravvissuti.

Ufficio patenti

È vero, Fratelli d’Italia non è Alleanza Nazionale, ma ne è la diretta prosecuzione sul piano storico e politico. E se ogni partito di destra deve condannare il fascismo una volta alla settimana per apparire credibile agli occhi dell’apparato mediatico (non certo degli elettori), allora significa che la nostra non è una democrazia matura.

Ormai è un dato di fatto: gli sforzi per apparire “normalizzati” non sono (e probabilmente non saranno mai) abbastanza. Forse perché, in fondo, questa destra non è abbastanza di sinistra, perlomeno sulle tematiche più importanti: dall’immigrazione alle tasse, passando per le questioni etiche.

Paradossalmente per ricevere la patente di accettabilità istituzionale che certi progressisti — non si sa a quale titolo — dispensano con così tanta fatica, il governo Meloni dovrebbe sposare in toto l’agenda di Elly Schlein, andando incontro all’harakiri elettorale.

Sorvolando su queste considerazioni, il 25 aprile dovrebbe essere celebrato per quello che è: la festa della Liberazione da un regime che perseguitava e talvolta assassinava gli oppositori in sfregio ad ogni principio di umanità, un regime che — come ha ricordato il presidente Sergio Mattarella durante la sua recente visita ad Auschwitz — ha contributo alla deportazione degli ebrei nei campi di sterminio nazisti.

Proprio per questa ragione, accostare l’Italia degli anni ’30 e ’40 all’Italia di oggi è un esercizio antistorico e irrispettoso, in primo luogo verso chi ha combattuto il fascismo al prezzo della propria vita.

La minaccia dei totalitarismi di oggi

Eppure, se proprio volessimo attualizzare la lotta partigiana, dovremmo volgere lo sguardo oltre i nostri confini, osservando ciò che sta accadendo ad appena due mila chilometri da Roma. Giusto celebrare la Resistenza di ieri e ricordare gli orrori di cui si sono macchiati i totalitarismi del Novecento.

Tuttavia, occorrerebbe mettere a fuoco anche le minacce rappresentate dai totalitarismi di oggi. Spiace che certi sacerdoti dell’antifascismo militante provino imbarazzo quando si tratta di difendere l’indipendenza dell’Ucraina.

Secondo un retroscena pubblicato sul Corriere della Sera di domenica, lo stesso Giuseppe Conte che accusa il governo Meloni di essere “reazionario” e “autoritario” firmerà “per il referendum abrogativo delle leggi che permettono l’invio di armi all’Ucraina” con buona pace della coerenza e della decenza.

E spiace ancor di più che quasi nessun esponente dell’opposizione si sia occupato di condannare le pericolose dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron sulla questione taiwanese.

Anti-totalitari

Forse i valori della liberal-democrazia vanno difesi soltanto se a minacciarli sono regimi di ispirazione fascista? Forse esistono autocrazie di serie A e di serie B? Forse Paesi come Russia e Cina, nei quali il comunismo si è sedimentato per decenni, dovrebbero essere giudicati con maggiore indulgenza rispetto all’Italia fascista e alla Germania nazista?

Da questo doppiopesismo possiamo una trarre una lezione quantomai preziosa: essere anti-fascisti è condizione necessaria ma non sufficiente per essere anti-totalitari.

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