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Cosa va e cosa non va nella bozza di contratto Lega-M5S

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Sì su rinegoziazione Ue (ma siamo nel vago), flat tax (ma troppi dettagli improvvisati) e immigrazione. No sul resto: troppo stato-troppo pubblico-troppo Putin-troppo Davigo. Spariti dai radar libertà, concorrenza, federalismo

Ad una prima analisi, svolta con lo spirito sereno, non pregiudiziale, non ostile né complice, ma semplicemente liberale e pro-mercato che è proprio di Atlantico, la bozza di intesa tra M5S e Lega presenta alcuni punti interessanti su cui anche gli oppositori farebbero bene a ragionare, anziché scagliare anatemi, alcuni capitoli che invece appaiono francamente molto preoccupanti, e un approccio di fondo deludente.

Procediamo con ordine partendo dalle buone notizie, che sono a mio parere almeno otto. Primo: l’idea di ridiscutere i trattati europei. Naturalmente siamo nel vago, non c’è chiarezza sul “come” e sul “con chi”, ma si tratta di un punto di fondo apprezzabile. E faranno male, anzi malissimo, gli oppositori che, in odio a Di Maio e Salvini, si metteranno a fare i guardiani dello status quo Ue, i suggeritori di Juncker e della Commissione Ue. Secondo: la flat tax è un’eccellente proposta. Considero però un errore avere scritto in pochi giorni troppi dettagli: lo svarione è dietro l’angolo, e sarebbe stato più saggio indicare degli obiettivi di fondo, e poi prendere tutto il tempo necessario (anche con l’ausilio del Mef) per preparare seriamente la prima legge di stabilità. Terzo: molto bene un pacchetto di civiltà fiscale, dal contraddittorio anticipato tra amministrazione finanziaria e contribuenti all’inversione dell’onere della prova, passando per l’abolizione degli strumenti presuntivi per la determinazione del reddito. Quarto, non mi scandalizzo affatto per l’idea di un condono: se si tratta di chiudere la partita con il passato, discuterne non mi sembra una bestemmia. Quinto: bene (è un’antica proposta di chi scrive) la compensazione tra tasse da pagare e crediti vantati, anche come modo per risolvere finalmente la questione dei debiti della PA verso le imprese. Sesto: bene la direzione di marcia sull’immigrazione (chi nega che l’Italia debba fare qualcosa, in particolare potenziare i rimpatri, vive su Marte). Settimo: bene il ritorno dei voucher. Ottavo: bene la cancellazione del quorum referendario, per ridare forza a un istituto di democrazia diretta.

Veniamo ora ai capitoli dolenti, che sintetizzerei così. Troppo stato: reddito di cittadinanza, banca pubblica per gli investimenti, Alitalia pubblica, Rai pubblica, acqua pubblica, perpetuano e peggiorano lo statalismo italiano, il cancro del controllo pubblico dell’economia. E’ stato l’errore di fondo dei grillini a Roma: pensare che fosse solo un problema di onestà, quando, anche amministrando correttamente, la malattia è quella delle municipalizzate, dell’intervento pubblico invasivo in economia, dell’assenza di concorrenza. Su questo terreno, va anche segnalato come sia sparito il tema delle privatizzazioni, di una strategia credibile di abbattimento del debito, di un vero taglio alla spesa pubblica (tranne un vago riferimento agli “sprechi” da contrastare).

Troppo Davigo. Il capitolo su giustizia e corruzione disegna una società da DDR tedesca: più intercettazioni, più carcere su tutto, aumento indiscriminato delle pene, agenti sotto copertura, agenti provocatori. Ma dove vogliono portarci? Si rendono conto che questi saranno esattamente gli strumenti con cui loro stessi saranno impiccati dal partito dei pm? Segnalo tra l’altro uno sproposito del quale (temo) non si siano nemmeno resi conto: escludono da cariche e incarichi non solo i condannati (inclusi quelli non definitivi, cioè degli innocenti!) ma anche i massoni in quanto tali. Quindi essere massone equivale a essere un criminale. Qualcuno li informi che, con questo criterio, avrebbero escluso pure Garibaldi e Mameli.

Troppo Putin. Le righe dedicate alla Russia (sintetizzo: non è una minaccia militare, anzi è decisiva nel Mediterraneo e in altri teatri) fanno a pugni con l’affermazione di appartenenza atlantica. Temo che i nostri eroi non abbiano capito che una scelta di campo atlantica va fatta non solo perché è giusta, ma anche perché ci conviene. Nei prossimi mesi, è fatale che l’Italia, su mille questioni, dovrà sostenere un confronto duro con Bruxelles e con l’asse franco-tedesco: a maggior ragione, in quel momento, ci servirà come il pane un sostegno da Washington-Londra-Gerusalemme. Mostrarci affidabili sulle grandi partite geopolitiche sarà anche il modo migliore per guadagnarci un sincero supporto da quella grande porzione di mondo occidentale che è interessata a un riequilibrio in Europa, che non vuole un’Ue ridotta a giardino di casa della Germania, e che quindi sarebbe indotta a guardarci con simpatia. Ho scritto “sarebbe”: perché (e dal loro punto di vista, mi pare difficile dargli torto) vogliono vedere prima se siamo credibili, affidabili, e non i soliti furbetti.

Ciò detto, resta un’osservazione finale su un approccio di fondo che appare deludente, nel senso che sembra veramente incredibile (a meno di essere estremisti di sinistra alla Corbyn) una simile fiducia nello stato, nella politica, nell’intervento della mano pubblica. Ma come? Disprezzate i politici e poi date loro così tanto potere? Dalla sanità alla scuola, dalle pensioni a ogni altro servizio, è sparita dai radar la nozione stessa di concorrenza, di competizione tra pubblico e privato, di libertà di scelta per individui e famiglie. Spariti anche il federalismo e il Nord: e non sarà facilissimo da spiegare a un bel pezzo di elettorato…

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