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L’Oscar a “No Other Land”, ordinaria mistificazione antisraeliana

Per la sinistra unici interlocutori legittimi in seno al mondo ebraico sono quelle frange radicali che la pensano come loro: possono parlare di Israele solo i “loro” ebrei

No Other Land Oscar (Ytube)

Nel suo libro del 2019 La sinistra italiana e gli ebrei, la storica Alessandra Tarquini spiega che già nel 1965 il Partito Comunista Italiano riconobbe come suo unico interlocutore in Israele non uno dei principali partiti di sinistra, il socialista Mapai e il marxista Mapam, bensì Rakah, un partito minoritario di estrema sinistra nato da una scissione interna al Partito Comunista Israeliano, e che esprimeva posizioni filoarabe e filosovietiche.

Questo fenomeno prosegue ancora oggi: spesso, media e organizzazioni di sinistra tendono a riconoscere come unici interlocutori legittimi in seno al mondo ebraico quelle frange radicali che la pensano come loro, soprattutto in merito al conflitto israelo-palestinese. E questo nonostante la stragrande maggioranza degli ebrei si considerino sionisti e filoisraeliani (l’86 per cento negli Stati Uniti e l’80 per cento nel Regno Unito, secondo i sondaggi rispettivamente del Manhattan Institute e del CAA). In altre parole, pensano che gli ebrei possano parlare di Israele solo se sono i “loro” ebrei.

Oscar 2025

Tale approccio sembra essere anche alla base di ciò che è accaduto all’ultima edizione dei Premi Oscar, dove a vincere il premio per il Miglior Documentario è stato No Other Land, documentario realizzato da un collettivo di autori palestinesi e israeliani. Il film parla di Masafer Yatta, un villaggio in Cisgiordania che l’IDF starebbe cercando di sgomberare. A questo, si opporrebbero diversi attivisti palestinesi e israeliani, a detta loro presi di mira anche dalle violenze dei coloni. Sullo sfondo, l’amicizia tra due di questi attivisti, l’israeliano Yuval Abraham e il palestinese Basel Adra, quest’ultimo originario di Masafer Yatta.

La realtà dei fatti

Come ha rivelato il sito HonestReporting, la pellicola è piena di omissioni: innanzitutto, Masafer Yatta non è un villaggio palestinese, ma storicamente era nato come un insediamento di nomadi beduini, mai del tutto regolarizzato. Nel 1980, Israele allestì nella zona un campo di addestramento militare, avvisando la gente del posto quando si tenevano esercitazioni in modo da non creare tensioni e permettere ai pastori locali di far pascolare i loro greggi senza problemi.

Israele aveva il permesso di creare il campo in quanto si trova nella cosiddetta Area C, una delle tre aree in cui è suddiviso il controllo della Cisgiordania secondo gli Accordi di Oslo, siglati sia da Israele che dalla dirigenza palestinese. E l’Area C, secondo tali accordi, è sotto il controllo dell’esercito israeliano (mentre l’Area A è unicamente sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese, e l’Area B sotto un’amministrazione mista tra ANP e Israele).

Questo status quo ha cominciato a venire meno a partire dal 1997, quando i palestinesi si appellarono alla Corte Suprema d’Israele per far revocare la designazione del luogo come campo di addestramento, dando inizio ad una battaglia legale protrattasi per decenni. Nel frattempo, i palestinesi hanno portato avanti varie costruzioni illegali sul posto, espandendo Masafer Yatta.

Quello che No Other Land e molti di coloro che l’hanno recensito ignorano, è che molti di questi edifici non autorizzati sono vuoti, e i palestinesi che in teoria ci vivono in realtà abitano in zone più lontane. Tanto che nel 2022, la Corte Suprema d’Israele ha dato ragione all’IDF. In pratica, questa espansione del villaggio beduino è servita a creare l’illusione di una forte presenza palestinese nella zona, e a costruire una narrazione che vedrebbe i palestinesi cacciati via dai “cattivi” israeliani.

Ipocrisia a Berlino

Quando, nel febbraio 2024, lo stesso film ha vinto il premio per il Miglior Documentario al Festival di Berlino, sul palco Abraham e Adra rinnovarono le accuse di genocidio e apartheid nei confronti dello Stato Ebraico, oltre a chiedere alla Germania di interrompere le forniture di armi a Israele.

Se le loro parole vennero applaudite dagli artisti presenti alla Berlinale, nessuno invece spese mezza parola per l’attore israeliano David Cunio; premiato proprio al Festival di Berlino per il suo film del 2013 Youth, il 7 ottobre venne rapito dai terroristi di Hamas assieme alla moglie, alle figlie di tre anni, alla cognata e alla nipote, con le quali viveva nel kibbutz Nir Oz. Gli organizzatori del festival rimediarono nell’edizione 2025, ospitando il film a lui dedicato A Letter to David.

Ipocrisia a Sanremo

Un altro episodio che mette in luce l’applicazione di due pesi e due misure da parte dei filopalestinesi è avvenuto in Italia, al Festival di Sanremo 2025: quando la cantante israeliana Achinoam “Noa” Nini e la cantante palestinese Mira Awad sono salite sul palco per cantare insieme a favore della pace, la loro amicizia ha ricevuto un riscontro ben diverso da quella tra gli autori di No Other Land.

Sui social diversi commentatori, tra cui il cantante italiano di origini tunisine Ghali, hanno insinuato che quello non era un vero duetto tra un israeliana e una palestinese, ma tra due israeliane, in quanto pur essendo araba la Awad ha la cittadinanza israeliana, e ha sempre rivendicato con orgoglio questa sua doppia identità.

Ironia della sorte, nonostante Ghali abbia sempre rivendicato la sua appartenenza a due mondi per via delle sue origini, proprio lui ha negato implicitamente lo stesso diritto alla Awad. Ciò non è casuale: siccome la narrazione dominante a sinistra vuole che Israele venga dipinto come un Paese razzista e illegittimo, chi come Mira Awad rivendica l’essere araba e israeliana viene vista come un “eretica”.

Giornalismo progressista

Un altro aspetto degno di nota è il fatto che il collettivo che ha realizzato il documentario è composto da giornalisti di +972 Magazine, un sito israeliano di estrema sinistra. Una parte dei loro giornalisti si rifanno apertamente alla tradizione del Partito Comunista Israeliano, e inoltre nel corso degli anni sono stati finanziati da enti stranieri progressisti; tra questi, spiccano ad esempio la Fondazione Heinrich Böll, legata al Partito Verde tedesco, e la Open Society Foundation di George Soros.

In Italia, in passato +972 Magazine ha promosso una cooperazione tra attivisti filopalestinesi e attivisti No Tav, mettendo in piedi presunti parallelismi tra l’occupazione della Cisgiordania e la situazione nella Val Susa.

Conclusioni

Alla domanda sul perché diversi ebrei di estrema sinistra si schierino contro Israele anche dopo il 7 Ottobre, ha provato a rispondere in un’intervista al sito Ynet Maoz Azaryahu, direttore dell’Istituto Herzl per lo studio del sionismo e docente di geografia culturale presso l’Università di Haifa.

Secondo Azaryahu, “gli ebrei che si oppongono pubblicamente e con veemenza al sionismo spesso rispondono alle pressioni antisemite. Sentono il bisogno di dichiarare: Non siamo come loro – i cattivi ebrei. Siamo noi i buoni. Oggi, le barriere contro l’antisemitismo sono crollate, e alcuni ebrei si sentono obbligati ad allinearsi con quello che vedono come il lato giusto”.

Se è vero che ebraismo e sionismo sono due cose diverse, è altrettanto vero che la maggioranza degli ebrei nel mondo sono sionisti. Gli ebrei vanno accettati per quello che sono, non per come qualcuno vorrebbe che fossero. Ma come spiegava già nel 2017 l’editorialista israeliano Ben-Dror Yemini, “esiste una mega-narrazione che obbliga le forze progressiste ad esentare gli arabi da qualunque responsabilità e a puntare il dito contro Israele. E quando c’è una narrazione, chi ha bisogno dei fatti?”.