O, America!

Giorgia Meloni alla ricerca dell’Occidente perduto

Rapporti Usa-Europa in ebollizione, dopo lo scontro con Zelensky fiducia in Trump ai minimi. Nessun leader di un importante Paese europeo è più adatto della premier italiana per ricucire

Meloni Trump © P_Wei tramite Canva.com

Mai nella storia recente i rapporti tra Stati Uniti ed Europa sono stati così tesi come in questo periodo, ovvero da quando l’amministrazione Trump ha iniziato a muovere i primi passi e a rivelare i suoi orientamenti di politica estera. Negli ultimi giorni la situazione è ulteriormente peggiorata, o meglio ha raggiunto il punto di ebollizione, a causa dell’approccio adottato dal presidente Trump nei confronti della guerra russo-ucraina e in particolare nei confronti di Volodymyr Zelensky.

Lo scontro nello Studio Ovale

Un approccio ritenuto troppo aggressivo in Europa, o almeno dalla quasi totalità dei governi e delle opinioni pubbliche, inclusi non pochi italiani, francesi (la stessa Marine Le Pen), britannici, ecc. di consolidata fede trumpiana. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata, come tutti ricordano, il teso confronto pubblico nello Studio Ovale tra il presidente Trump, il vicepresidente Vance e il presidente ucraino Zelensky. È stato lo scontro verbale pubblico tra leader mondiali nello Studio Ovale più acceso che si ricordi.

L’incontro, come è noto, si è concluso con Trump che, a quanto si dice, ha ordinato ai suoi collaboratori di chiedere a Zelensky di lasciare immediatamente la Casa Bianca. Apriti cielo! La popolarità di Trump è crollata ai minimi. Interessante, da questo punto di vista, un sondaggio svoltosi nel Regno Unito subito dopo lo scontro e dal quale risulta che l’80 per cento dei britannici vedeva con sfavore il presidente americano, contro il 73 di solo un paio di settimane prima.

Le reazioni

L’evento non ha visto solo la quasi totalità dei leader politici europei schierarsi dalla parte dell’Ucraina: è stato in pratica l’intero Occidente – pensiamo alla reazione del Canada e a quella, più sfumata, dell’Australia – a prendere le distanze da Trump, dimenticando tra l’altro che è solo grazie a lui se, dopo tre anni di guerra e massacri, si sta finalmente discutendo di pace.

Tornando all’Europa, il presidente francese Emmanuel Macron, subito dopo aver parlato con Zelensky, ha proclamato che “c’è un aggressore, che è la Russia, e un popolo attaccato, che è l’Ucraina. Dobbiamo ringraziare tutti coloro che hanno aiutato e rispettare coloro che hanno combattuto fin dall’inizio”. Il probabile prossimo cancelliere tedesco Friedrich Merz ha ribadito la posizione del suo Paese, dichiarando: “Non dobbiamo mai confondere aggressore e vittima in questa terribile guerra”. Ha anche accusato Trump di “inasprire deliberatamente” le tensioni con Zelensky.

A sua volta il primo ministro britannico Keir Starmer ha affermato: “A tre anni dalla brutale invasione dell’Ucraina da parte della Russia, siamo a un punto di svolta. Oggi ribadirò il mio incrollabile sostegno all’Ucraina e raddoppierò il mio impegno a fornire capacità, formazione e aiuti all’Ucraina, mettendola nella posizione più forte possibile”.

I leader di Spagna, Polonia e Paesi Bassi sono stati tra coloro che hanno pubblicato messaggi sui social media a sostegno dell’Ucraina. Ci sono stati anche messaggi di sostegno da parte di leader politici di Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Moldavia, Romania, Svezia e Slovenia. I leader dell’Unione europea Antonio Costa e Ursula von der Leyen hanno assicurato a Zelensky con una dichiarazione congiunta che “non è mai solo”. “Continueremo a lavorare con voi per una pace giusta e duratura”, hanno affermato.

Il primo ministro ungherese Viktor Orbàn è stato l’unico a non unirsi al coro di sostegno a Zelensky: “Gli uomini forti fanno la pace, gli uomini deboli fanno la guerra”, ha affermato. “Oggi il presidente Donald Trump si è schierato coraggiosamente a favore della pace”, ha continuato, “anche se per molti è stato difficile da digerire. Grazie, signor presidente!”

La posizione di Meloni

E l’Italia? Dove si colloca il secondo Paese manifatturiero d’Europa e uno dei membri fondatori dell’Ue? Il primo ministro italiano Giorgia Meloni si è limitata ad esprimere “simpatia” per Zelensky, evitando di prendere le distanze da Trump. “Non può, e non vuole, voltare le spalle all’Ucraina perché ha esagerato nel sostenere Kiev e Zelensky. D’altra parte, non vuole in alcun modo criticare Trump”, aveva spiegato ai lettori del Financial Times, pochi giorni prima del “fattaccio”, l’ex ambasciatore italiano presso la Nato Stefano Stefanini.

“Sta esitando, non ha ancora deciso che strada prendere”, spiegava Beniamino Irdi, Senior member dell’Atlantic Council ed ex consigliere per la politica di sicurezza del governo italiano. “Pensa ancora che la relazione speciale che ha costruito con Trump e Musk possa avere più valore della sua relazione con gli alleati europei”.

Tuttavia, martedì 4 Giorgia Meloni ha respinto un piano di Francia e Regno Unito per sostenere l’Ucraina con l’invio di soldati italiani. “L’Italia ha espresso dubbi sulla proposta di Francia e Regno Unito di inviare truppe europee”, ha detto su RaiUno. “Penso che sia molto difficile da attuare, non sono sicura della sua efficacia, ecco perché abbiamo annunciato che non invieremo soldati italiani in Ucraina”, ha aggiunto. Inoltre, parlando domenica 2 marzo a Downing Street, aveva sottolineato il bisogno di unità tra le due sponde dell’Atlantico:

L’unica cosa che non possiamo permetterci è una pace che non dura, e questa non può permettersela l’Ucraina, non può permettersela l’Europa e non possono permettersela gli Stati Uniti. Per l’amor di Dio, tutto può esplodere. Quindi farò tutto quello che posso per mantenere unito l’Occidente e rafforzarlo.

La premier ha anche proposto di ospitare un vertice tra i leader europei e gli Stati Uniti, per costruire ponti dopo che i rapporti tra alleati di lunga data sono diventati tesi a causa della guerra in Ucraina.

Il piano di Riarmo

Il giorno in cui il presidente degli Stati Uniti ha sospeso gli aiuti militari all’Ucraina, tuttavia, il tentativo di Giorgia Meloni di rimanere equidistante tra Trump e l’Unione Europea è stato messo a dura prova durante un vertice speciale che ha visto tutti i 27 Paesi concordare sul piano “Rearm Europe” di Ursula von der Leyen, ma che ha anche evidenziato una seria divisione sull’approccio da adottare nei confronti dell’Ucraina.

Il testo finale, firmato soltanto da 26 su 27 e salutato come un momento spartiacque da molti, parla di “pace attraverso la forza”, assistenza militare e garanzie di sicurezza per Kiev, tutte cose a cui il primo ministro ungherese si è fortemente opposto. Orbán, che prima del vertice aveva segnalato la sua intenzione di porre il veto alla dichiarazione dell’Ue, si è dichiarato contrario ad un’iniziativa che era clamorosamente in contrasto con gli sforzi del presidente Trump di approdare alla pace, un tentativo al quale Orbàn si è allineato fin dal principio.

In tutta risposta, il presidente del Consiglio europeo António Costa, che aveva convocato la riunione, ha preso atto che “l’Ungheria ha un approccio strategico diverso sull’Ucraina”, ma ha aggiunto che “ciò significa che l’Ungheria è isolata tra i 27. […] Rispettiamo la posizione dell’Ungheria, ma è uno su 27. E 26 sono più di uno”. Papale papale.

Le riserve di Meloni

Per quanto riguarda il piano di riarmo, la posizione di Giorgia Meloni è un “sì”, ma con riserve che potrebbero essere affinate al Consiglio europeo formale del 20-21 marzo. “È lì che vengono prese le decisioni”, ha ricordato la premier. C’è tempo per mettere a punto i temi importanti per Roma, ha detto in una conferenza stampa giovedì scorso. Il primo è “cambiare il nome”, spostando l’attenzione dalle armi alla difesa e alla sicurezza.

Il secondo è dichiarare chiaramente e in anticipo che l’Italia non utilizzerà la clausola che consente di convertire i fondi di coesione in spese per le armi. “L’Italia non si priverà di queste preziose risorse”, ha detto la Meloni, annunciando che questo sarà il “patto” che proporrà al Parlamento prima del prossimo Consiglio europeo.

Da notare di passata che questo atteggiamento riflette abbastanza quello dell’opinione pubblica italiana, almeno stando ad un recentissimo sondaggio dell’Istituto Eumetra secondo il quale ben il 53,4 per cento degli intervistati è contrario all’iniziativa della presidente dell’esecutivo Ue. Solo il 27,5 per cento, invece, la pensa diversamente, mentre quasi un italiano su cinque (19,1 per cento) non sa o non vuole esprimere un parere al riguardo.

Inoltre, in una conferenza stampa a Bruxelles, la premier ha suggerito che la protezione dell’articolo 5 della Nato potrebbe essere estesa all’Ucraina anche se non è uno stato membro a pieno titolo. Questo sarebbe meglio rispetto a opzioni come lo spiegamento di forze di peacekeeping per monitorare un cessate il fuoco, ha spiegato: “Estendere all’Ucraina la stessa copertura che hanno i Paesi della Nato sarebbe sicuramente molto più efficace, pur essendo qualcosa di diverso dall’appartenenza alla Nato”.

Mediazione Usa-Europa

Tutto sommato, nonostante le sue migliori intenzioni, le sue posizioni ideologiche e i suoi forti legami con i repubblicani degli Stati Uniti, Giorgia Meloni deve tribolare parecchio se vuol mediare tra Washington D.C. e Bruxelles. Ma certamente nessun leader di un importante Paese europeo è più adatto di lei per quel ruolo. Non per niente è stata l’unica capo di governo dell’Ue invitata all’insediamento di Trump in gennaio. All’inizio dello stesso mese, inoltre, ha fatto visita a quest’ultimo a Mar-a-Lago, dove il presidente americano l’ha definita una “donna fantastica” che ha “davvero preso d’assalto l’Europa”.

Chiaramente, è prevedibile che se tutti i tentativi di mediazione dovessero fallire, si aprirebbe una fase estremamente complicata, se non drammatica, nella storia delle relazioni tra le due sponde dell’Atlantico. Per questo motivo dobbiamo sperare, e solo noi italiani, che gli sforzi del primo ministro italiano siano coronati dal successo.