Esteri

Trump sanziona il Sudafrica per la persecuzione contro i bianchi

Firmato un ordine esecutivo che sospende gli aiuti al Paese dopo l’approvazione di una legge che permette l’esproprio senza indennizzo delle terre degli agricoltori bianchi

Donald Trump ha promesso di governare nell’interesse degli Stati Uniti, a tutela dei suoi valori e di decidere in funzione di ciò se e a chi offrire aiuto, se e con chi stipulare alleanze, chi considerare nemico e come regolarsi nei suoi confronti.

I rapporti con il Sudafrica

Uno dei primi Paesi a sperimentare la fermezza dell’amministrazione Trump è stato il Sudafrica. A novembre alcuni stati africani avevano accolto piuttosto male la notizia che Donald Trump aveva vinto le elezioni.

Uno dei governi più preoccupati per le conseguenze è stato probabilmente quello del Sudafrica che negli ultimi anni più volte con le parole e con i fatti si è schierato con la Russia e con la Cina su questioni di rilevanza internazionale e inoltre ha accusato Israele di genocidio e lo ha denunciato alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia.

Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa si era affrettato a congratularsi con Trump appena l’esito del voto Usa era stato annunciato: “non vedo l’ora di continuare la stretta e reciprocamente vantaggiosa partnership tra i nostri due Paesi in tutti gli ambiti della cooperazione”, aveva dichiarato; e pochi giorni fa, a Davos, durante il World Economic Forum, ha ribadito la sua fiducia: “non mi preoccupano i nostri rapporti, mi sono congratulato con lui e abbiamo detto entrambi che non vediamo l’ora di continuare a collaborare”.

In particolare il presidente sudafricano diceva di confidare nell’impegno comune nell’ambito del G20, il cui prossimo vertice riunirà i ministri degli esteri dei Paesi membri, il 20 e 21 febbraio, proprio in Sudafrica, Paese che ne detiene la presidenza fino al novembre del 2025, dopo di che passerà agli Stati Uniti. Invece il 6 febbraio il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, ha annunciato che non parteciperà al vertice a seguito dei problemi sopravvenuti nei rapporti con il Sudafrica.

L’esproprio delle terre dei bianchi

Di che cosa si tratta lo aveva spiegato tre giorni prima il presidente Trump, quando ha detto di voler tagliare i fondi al Sudafrica perché “certe categorie di persone vengono trattate molto male” dal governo sudafricano.

All’origine della sua decisione non ci sono solo le alleanze del Sudafrica e l’accusa di genocidio a Israele. Il fattore nuovo è l’entrata in vigore il 24 gennaio di una legge che consente al governo sudafricano di sequestrare dei terreni senza indennizzi, una legge di cui si discuteva da cinque anni e che può aprire la strada alla confisca dei terreni agricoli, in gran parte di proprietà di cittadini sudafricani bianchi.

Le forze politiche di sinistra chiedono una riforma agraria che “faccia giustizia per la popolazione nera”, sostenuta da molti esponenti dell’Anc, il partito di Mandela al governo dalla fine dell’apartheid, che usano questa rivendicazione demagogicamente, per dirottare sulla questione terriera l’attenzione della popolazione sempre più insofferente, frustrata e arrabbiata a causa delle promesse di sviluppo tradite.

L’Anc ha definito la legge una “pietra miliare”, decisiva per il cambiamento del Paese. Assicura che prevede l’esproprio senza indennizzo solo in circostanze in cui farlo sia “giusto, equo e nell’interesse pubblico”. È del tutto chiaro che, per chi l’ha voluta, non può esserci niente di più giusto, equo e di pubblico interesse che espropriare le terre dei bianchi.

La lezione dello Zimbabwe

Lo Zimbabwe, che lo ha fatto 25 anni fa, dovrebbe servire da lezione. Come in Sudafrica, anche nel vicino Zimbabwe i bianchi erano proprietari di grandi estensioni di terra, coltivate e bene amministrate. Sottratte ai bianchi – in parte adesso sono incolte, in parte divise in piccoli appezzamenti – sono state assegnate a famiglie che le usano prevalentemente per colture di sussistenza.

È stato l’inizio di una delle crisi economiche più drammatiche del Continente, che dura tuttora e ha ridotto in miseria uno dei Paesi africani più ricchi e promettenti. Non ha rimediato a ingiustizie razziali e ha ingiustamente mandato in rovina migliaia di famiglie di bianchi.

Aiuti sospesi

Trump non vuole che questo succeda anche in Sudafrica, almeno non con l’avallo degli Stati Uniti. Per questo ieri ha firmato un ordine esecutivo che sospende gli aiuti al Paese in attesa di chiarimenti. Durante la precedente amministrazione aveva manifestato anche l’intenzione di indagare sulle numerose uccisioni di agricoltori bianchi e all’epoca il governo sudafricano aveva replicato sostenendo che Trump era male informato.

Lo sostiene anche adesso e cerca di rassicurare lui e l’opinione pubblica internazionale affermando che la legge appena approvata è simile a quelle già in vigore di tanti altri Paesi. Ha chiesto aiuto persino al padre di Elon Musk, che abita in Sudafrica, per avere uno contatto telefonico con il figlio, braccio destro di Trump.

Il raid contro Isis-Somalia

Con il suo primo intervento militare Trump ha attaccato il jihad, la guerra santa islamica. Il 1° febbraio una serie di attacchi aerei hanno colpito Isis-Somalia, un gruppo staccatosi dagli al-Shabaab somali, che sono affiliati ad al Qaeda, e che ha le sue basi sulle montagne Golis nella regione semiautonoma del Puntland, uno dei cinque stati della federazione somala.

Si è trattato di una operazione mirata che ha distrutto alcuni dei rifugi dei jihadisti e ha ucciso diversi loro esponenti di primo piano. Il governo del Puntland con un comunicato ha confermato l’uccisione di “figure chiave” dell’Isis e ha ringraziato gli “amici internazionali”.

Isis-Somalia ha giurato fedeltà all’Isis nel 2015 e nel 2018 ha ottenuto il riconoscimento di provincia dello Stato Islamico. È composto da poche centinaia di combattenti, da 700 a 1.500. Agisce in un limitato raggio d’azione e i suoi attentati sono molto meno frequenti e letali di quelli che al Shabaab riesce a mettere a segno nel cuore stesso della capitale Mogadiscio.

Proprio per le caratteristiche di Isis-Somalia – una piccola cellula jihadista arroccata in una regione remota – il messaggio al mondo di questa breve operazione militare Usa è chiaro: il jihad, ovunque si insedi e operi, è nemico degli Stati Uniti e dei suoi alleati, contro di esso devono essere concentrati mezzi e risorse. Gli Stati Uniti questo intendono e sono in grado di fare, ha scritto Trump su X:

Questi assassini, che abbiamo trovato nascosti nelle caverne, erano una minaccia per noi e per i nostri alleati. Gli attacchi hanno distrutto le caverne in cui vivono e hanno ucciso molti terroristi senza in alcun modo danneggiare dei civili. Il messaggio all’Isis e a chiunque altri voglia attaccarci è: “vi troveremo e vi uccideremo“.