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La transizione verde nella nuova Guerra Fredda: serve un nuovo paradigma

Cosa significa parlare di transizione verde oggi, in un contesto di duro confronto politico e militare con Russia e Cina

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L’ambientalismo radicale e globalista è sicuramente la nuova ideologia dominante che rischia di attenuare il concetto di oikofilia, per dirla con il filosofo inglese Roger Scruton, ovvero il rapporto uomo-ambiente ed il suo radicamento con i luoghi di appartenenza.

Una ideologia “catastrofista” che sta radicalizzando il dibattito pubblico a tal punto da perdere di vista l’oggetto stesso della battaglia: l’ambiente.

L’attacco al capitalismo

La narrazione ambientalista sta scivolando in una sterile e controproducente critica al cosiddetto sistema “capitalistico”, facendo dimenticare che il 90 per cento delle morti per inquinamento avvengono, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, proprio nei Paesi in via di sviluppo.

Se fosse vero che le colpe debbano ricadere sul così tanto criticato sistema capitalistico, allora l’Unione Sovietica e tutti i regimi comunisti avrebbero dovuto essere il “paradiso ambientale” per antonomasia, quando invece, sappiamo benissimo che i più grandi “crimini ambientali” sono stati commessi proprio lì. Laddove i diritti di proprietà sono limitati, se non assenti.

Proprietà e difesa dell’ambiente

C’è una vasta letteratura liberale e conservatrice che argomenta in modo molto articolato e scientifico il ruolo fondamentale giocato dalla protezione dei diritti di proprietà nella difesa dell’ambiente: il cosiddetto free market environmentalism. Secondo l’Indice internazionale dei diritti di proprietà e l’Indice ambientale dell’Università di Yale esiste una fortissima correlazione tra difesa dell’ambiente e rispetto e protezione dei diritti di proprietà.

La questione geopolitica

La transizione verde, oggi più che mai deve ripensarsi, di fronte alla guerra in Ucraina, partendo da una nuova strategia geoeconomica che sappia rispondere ad un quesito impellente: dove acquisire le materie prime, come il litio e i super magneti delle terre rare, senza creare nuove dipendenze dalla Cina, come è successo con la Russia per quanto riguarda gas e petrolio.

Pertanto, la guerra in Ucraina passa anche attraverso la nuova corsa all’approvvigionamento del litio e delle terre rare di cui il Donbass è ricchissimo. Come ci ricorda lo studioso Giuseppe Sabella, le terre tare “sono fondamentali non solo per la produzione dei nuovi motori elettrici, così come per smartphone e televisori, ma anche per tutta la filiera eolica, per la fibra ottica e per quella della diagnostica medica”.

Con una eventuale frenata dell’approvvigionamento del litio e delle terre rare, non ci sarà alcuna transizione tecnologica e per tanto nessuna transizione verde. Oggi, di fronte al dramma della guerra in Ucraina, ci sono nuove domande che fino a pochi mesi fa, i governi americani ed europei tanto come il G7 e il G20 non si ponevano.

Cosa significa parlare di transizione verde oggi, in un contesto di duro confronto politico e militare tra la Russia e un’Ucraina appoggiata militarmente dagli Stati Uniti, il Regno Unito e l’Unione europea? Ma soprattutto come declinarla in termini di politiche pubbliche all’altezza delle nuove sfide geopolitiche? Come ripensare la transizione verde a fronte di una ridefinizione stessa dell’idea di globalizzazione?

La crisi del globalismo

La globalizzazione non è in crisi, ma è in crisi il globalismo, ovvero la globalizzazione di quello che gli inglesi chiamano il crony capitalism: il connubio clientelare-assistenziale tra il modo del business e i regimi autoritari, nella totale assenza di ogni logica di libero mercato.

Nucleare imprescindibile

E in tutto questo siamo sicuri che accelerare i processi di decarbonizzazione convenga veramente all’Unione europea e agli Stati Uniti? Oggi quello che si nota è la momentanea riattivazione delle centrali a carbone come unica soluzione, nel breve periodo, per attenuare la drammatica crisi energetica.

Una soluzione concreta è puntare sul nucleare di nuova generazione, imperativo per la nuova agenda di governo: questa è la soluzione e la strada maestra per evitare future crisi energetiche di questa portata.

L’ambiente va protetto di per sé al di là che ci siano o no cambiamenti climatici, fermo restando il centrale ruolo della persona come attore principale e non subalterno alla natura.

La protezione dell’ambiente non è monopolio di una parte politica, ma dovrebbe essere sempre più un tema trasversale e sempre più depurato da un controproducente confronto ideologico. 

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