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Intelligenza Artificiale, perché il vero pericolo viene dalla Cina

Per Marc Andreessen il “panico morale” per il rapido sviluppo dell’IA non è basato sui fatti. Occhio a Pechino, invece, che la vede come strumento di dominio globale

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Nell’ultimo mese la stampa mondiale ha dato grande risalto alle affermazioni di quello che è stato definito il padrino (godfather) dell’Intelligenza Artificiale, Geoffrey Everest Hinton. Uno che a 75 anni avrebbe dichiarato di aver lasciato Google non per raggiunti limiti di età, ma per “parlare liberamente”. E lanciare il suo messaggio: la IA è un rischio esistenziale per l’umanità.

Successivamente abbiamo tutti scoperto che di padrino ne esiste almeno un altro: questo secondo si chiama Yann LeCun , e ha espresso opinioni molto più ragionevoli sugli scenari futuri. Ma poi, il 6 giugno, Marc Andreessen, l’inventore stesso del browser (lo strumento grazie al quale non solo Atlantico, ma anche Facebook, Uber, AirBnb, le banche online eccetera possono esistere) ha pubblicato un suo articolo, intitolato “Why the IA will save the world”, perché’ l’Intelligenza Artificiale salverà il mondo.

Articolo che contiene però un’osservazione nuova: non è la IA il pericolo, e neppure (come abbiamo scritto il 2 marzo) gli eticisti. Il pericolo è la Cina. Vediamo in breve il suo ragionamento, partendo dai punti generali per arrivare alla questione Cina. 

Panico morale

Andreessen afferma che la maggior parte dei timori riguardanti l’IA, come la sua capacità di distruggere l’umanità o causare una massiccia disoccupazione, sono esagerati. Si tratta di “panico morale” non basato su fatti.

Per alcune ragioni chiave. (1) La paura che l’IA diventi malvagia e ci uccida è fantascientifica, non scientifica. I sistemi di IA oggi sono strumenti costruiti dagli umani per assistere gli umani, non agenti indipendenti. Non hanno i propri obiettivi o desideri. L’idea che si “sveglieranno” spontaneamente e decideranno di nuocerci è una superstizione non supportata da prove.

(2) I timori di perdita di posti di lavoro hanno accompagnato ogni aumento tecnologico. Storicamente, ogni nuova tecnologia che conta, dall’illuminazione elettrica alla macchina a vapore, alle automobili, alla radio e a Internet, ha scatenato un panico morale – un contagio sociale che convince le persone che la nuova tecnologia sta per distruggere il mondo, o la società, o entrambi. Analizzando l’interessante sito pessimist archive si scopre addirittura che l’attuale panico non è nemmeno il primo per l’Intelligenza Artificiale.

(3) In generale, le nuove tecnologie aumentano la produttività e la crescita economica, creando nuovi posti di lavoro e nuove industrie. L’IA promuoverà posti di lavoro e salari, non li eliminerà, come accaduto tante volte in passato. Val la pena di ricordare come all’arrivo di ogni nuova tecnologia rivoluzionaria qualcuno ha sempre affermato “ma questa volta è differente: questa è la volta che davvero la tecnologia spazzerà via i posti di lavoro”. Ma storicamente non è mai successo.

La spinta regolatoria

Facciamo un inciso personale per sottolineare come questo panico morale è già utilizzato da una varietà di attori come forza motivante per esigere azioni politiche – nuove restrizioni, regolamenti e leggi sull’Intelligenza Artificiale.

Questi attori, che fanno dichiarazioni pubbliche estremamente drammatiche sui pericoli dell’IA – alimentando e fomentando ulteriormente il panico morale – si presentano tutti come campioni disinteressati del bene pubblico. Come ha raccontato ad Atlantico Quotidiano chi Sam Altman l’ha conosciuto di persona.   

E ovviamente l’Unione europea, con la sua fissazione di tutto regolamentare, è indubbiamente il campione del mondo della specialità.

Gli attori malintenzionati

Ma torniamo a Andreessen. (4) Gli attori malintenzionati che utilizzano l’IA sono un rischio, ma le leggi esistenti possono affrontare gli usi illegali, e l’IA può contribuire a difenderli. Il divieto o la limitazione dell’IA non è fattibile e riduce i suoi benefici sociali.

Se si è preoccupati che l’IA generi persone e video falsi, la risposta è costruire nuovi sistemi in cui le persone possono verificare in prima persona i contenuti reali tramite firme crittografiche. Senza dimenticare che la creazione e l’alterazione digitale dei contenuti per creare falsi è già tra noi da tempo, sotto forma di articoli scritti da umani usando Microsoft Word (cfr la Repubblica, ndr) e Adobe Photoshop

Strumento di dominio

Ma veniamo alla Cina, sempre nella visione di Andreessen. Pechino ha una visione radicalmente diversa dell’IA rispetto all’Occidente – la vede come un meccanismo per il controllo autoritario della popolazione. Tutto qui.  

Non stanno nemmeno cercando di essere segreti al riguardo, sono molto chiari in proposito, e stanno già perseguendo la loro agenda. E non intendono limitare la loro strategia sull’IA alla Cina, intendono diffonderla in tutto il mondo, ovunque stiano alimentando le reti 5G, ovunque stiano concedendo prestiti della Belt and Road Initiative, ovunque stiano fornendo applicazioni consumer-friendly come TikTok che fungono da front-end per il loro sistema di comando e controllo dell’IA centralizzato (come scrive Andreessen il tutto è documentato e analizzato, consigliamo in proposito di vedere ad esempio questi documenti).

Il rischio più grande dell’IA è che la Cina ottenga il dominio globale dell’IA e che noi – gli Stati Uniti e l’Occidente – non lo facciamo. La Cina sta sviluppando l’IA a un ritmo molto più rapido del resto del mondo, con l’obiettivo esplicito di dominare il settore entro il 2030. E una volta raggiunto il dominio, intendono utilizzare quella capacità per estendere il loro modello di sorveglianza, manipolazione dell’informazione e controllo autoritario ben oltre i confini della Cina.

Controllo della narrazione

L’articolo di Andreessen contiene molto più di quanto qui riassunto, ma oggi ci tenevamo a sottolineare alcuni punti. Il primo è che ci sembra che la pratica del controllo delle idee, e della libertà di esprimerle, sia sempre più una tentazione diffusa anche dei nostri governi occidentali.

Controllare la narrazione con la scusa dell’imposizione di una presunta imparzialità (fact-checking), contrastare il presunto hate speech, abbassare il ranking (algoritmico) delle opinioni dissenzienti, non ci sembrano attività limitate al colosso asiatico. 

Il passo successivo è per ora auspicato solo dalla Cina: neutralizzare i dissidenti, manipolare le percezioni e le opinioni delle masse, e sviluppare nuove armi di controllo della mente. Ciò che è spaventoso è quanto questa visione sia vicina a diventare realtà, a disposizione di ogni governante, a meno che non si inverta rapidamente la rotta. 

La corsa all’IA

L’unico modo per fermare questa prospettiva inquietante è che gli Stati Uniti, i Paesi occidentali, intensifichino i loro sforzi per vincere la corsa all’IA. Dobbiamo aumentare gli investimenti nella ricerca, rimuovere gli ostacoli normativi e burocratici all’innovazione, incoraggiare le partnership pubblico-private, favorire e non rallentare lo sviluppo e l’adozione dell’IA.

Anziché legiferare sulla IA come sta facendo con velocità sorprendente l’Ue, dovremmo lasciare sia Big Tech che le startup sviluppare i propri sistemi al massimo della velocità possibile. Senza perdere tempo con aiuti, assistenza o regolamentazioni da parte dei governi. 

Il potere di un settore privato libero da troppe regole è la nostra miglior arma contro le economie pianificate, perfino quelle efficienti quella Cinese. Solo raggiungendo il dominio tecnologico e assicurando che i valori democratici e il rispetto dei diritti umani siano integrati nell’IA possiamo mitigare il pericolo che la visione autoritaria della Cina prenda il sopravvento. Ma il tempo stringe, e la posta in gioco non potrebbe essere più alta. 

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