Esteri

Dopo il tranello francese a Trump, conversione londinese per Zelensky?

L’Ucraina non è l’unica questione che sta a cuore agli alleati europei. Trump ha saputo farsi amico il Regno Unito, lasciando in brache di tela i soliti franco-tedeschi

Starmer Zelensky (Msnbc)

Cerchiamo di comprendere la rissa che Volodymyr Zelensky ha cercato e trovato con Donald Trump, immergendola nel suo contesto.

Gli accordi commerciali

A Washington sono andati in tre. Il primo è stato Macrone, lunedì 24, con uno scambio in Sala Ovale ed una conferenza stampa. Il secondo è stato Keir Starmer, mercoledì 26 e giovedì 27, pur’egli con uno scambio in Sala Ovale ed una conferenza stampa. Il terzo è stato Zelensky, solo con uno scambio in Sala Ovale perché … poi, Trump lo ha fatto cacciare a pedate dalla Casa Bianca.

È bene comprendere che l’Ucraina non è l’unica questione che sta a cuore ai citati Paesi, forse nemmeno la questione più importante. Ben più pressante pare essere il commercio: i prossimi dazi alla Ue e la ben nota idea trumpiana di stipulare accordi commerciali di libero scambio coi singoli Paesi, a condizioni ben migliori di quelle che verranno concesse alla Ue nel suo complesso.

Con di fianco Macrone, Trump ha detto: “stiamo anche parlando del commercio, di vari accordi commerciali che faremo con la Francia” … senza che alcun giornalista o Macrone stesso (l’euroinomane), trovassero il coraggio di approfondire.

Poi, con di fianco Starmer, non solo ha ribadito il proprio attacco alla Ue: “non ci piace il modo in cui trattano le nostre aziende. Ci vendono automobili. Non vendiamo loro automobili. Non prendono le nostre automobili. Non prendono gran parte della nostra agricoltura”. Soprattutto, ha promesso apertis verbis “un grande … un ottimo accordo commerciale … molto presto”. Esplicitamente escludendo dazi al Regno Unito: “penso che potremmo benissimo finire con un vero accordo commerciale, in cui i dazi non sarebbero necessari … e io sono molto ricettivo a questo”.

Abbastanza per mandare Starmer in paradiso e Macrone all’inferno. Abbastanza per consentirci di intuire il molto diverso atteggiamento verso gli Usa: ostile quello francese, deliziato quello britannico. Al di là delle balle propagandistiche delle quali son fatti i nostri francesissimi quotidiani.

Il cessate il fuoco

Atteggiamento immediatamente visibile pure sulla questione ucraina. Basti richiamare la battuta di apertura di Starmer, rivolta a Trump: “grazie per aver cambiato la conversazione, creando l’opportunità che ora possiamo avere un accordo di pace” … parole introvabili nei pur lunghi sproloqui di Macrone.

A tutti, Trump ha ripetuto ciò che ha detto a Macrone: “la mia funzione è di tirarli fuori dalla guerra, di lasciarli vivere”, “penso che la guerra potrebbe finire presto … nel giro di poche settimane”.

Con un cessate il fuoco, sulla linea di contatto, senza previo impegno circa i territori che restano occupati, così Trump: “Beh, vedremo. È una trattativa che è appena iniziata … sì, forse un po’, sì. Lo spero, ma non è una cosa facile da fare … sarà qualcosa di cui parleremo”, nel corso della negoziazione, successiva al cessate il fuoco. Mentre Macrone sembra assumere la posizione contraria, asserendo di star lavorando a “punti molto specifici, tra cui … i territori che appartengono all’Ucraina”. Apparentemente silente sul punto, Starmer.

Il corpo di spedizione degli Stati europei

Già dopo il cessate il fuoco, Macrone vuole inviare soldati in Ucraina: francesi, inglesi e di “tutti i Paesi europei e gli alleati che sono pronti ad aderire”. Già dopo il cessate il fuoco, perché egli è preciso nello specificare che tali soldati non andranno “nei territori occupati” dai Russi (e, per definizione, dopo un impossibile trattato di pace, non ci saranno più territori occupati, bensì solo recuperati o ceduti).

Starmer non si capisce bene se li voglia inviare dopo il cessate il fuoco, o dopo il trattato di pace (cioè, mai). Solo specifica che si tratterà di “stivali a terra ed aerei in volo”. E lì – saggiamente – si ferma.

Il backstop americano

Con che coinvolgimento statunitense, non è dato sapere. Macrone insiste parecchio: “abbiamo bisogno di questo sostegno americano”, “non dovremmo dire io non manderò mai soldati sul terreno, perché si dà un assegno in bianco per violare qualsiasi tipo di impegno”.

Certo, Trump cerca di dirottare l’attenzione sull’accordo minerario che – spiega a Starmer – “è un backstop, si potrebbe dire. Credo che nessuno farà scherzi, se noi [americani] siamo lì con un sacco di lavoratori e abbiamo a che fare con le terre rare e altre cose, di cui abbiamo bisogno per il nostro Paese”.

Poi, sulla sostanza militare, è solo apparentemente vago: “avremo un backing di un qualche tipo, ovviamente”. Ma lascia che Macrone spenda parole impegnative: “ora c’è un chiaro messaggio americano che gli Stati Uniti come alleato sono pronti a fornire quella solidarietà per questo approccio. Questo è un punto di svolta”. E lascia che Macrone vada ancor più in dettaglio: “abbiamo la nostra solidarietà e abbiamo capacità di deterrenza. Che cosa significa? … se forniamo le garanzie e la Russia viola l’accordo, allora sarebbe in conflitto con tutti coloro che sono impegnati nel processo di pace. E questo è un cambiamento”.

Tre giorni dopo, è Trump in persona a spendere simili molto forti parole: “se hanno bisogno di aiuto, sarò sempre con gli inglesi”. Lasciando che Starmer ribadisca: “ogni volta che è stato necessario, ci siamo assolutamente sostenuti a vicenda”.

Il vertice di Londra

Tutto ciò, a Londra sembra andare bene. Starmer, spiegava di essere confortato dalle parole di Trump e, quindi, confermava l’incontro da lui stesso convocato a Londra, oggi per chi legge, “per approfondire le nostre discussioni. Questa mattina avete sentito dal presidente che, come storicamente è sempre accaduto, ci copriamo le spalle a vicenda”.

In tal senso interpretiamo la notizia che Starmer avrà colloqui con Zelensky e Meloni, prima del vertice a 18: come un modo per dare una regolata al primo, con l’aiuto della seconda. E ciò va più che bene.

Nessun veto russo: panico a Parigi

Tutto ciò, però, a Parigi sembra non andare bene. Macrone, tornato a casa, cambia idea: già mercoledì, in videoconferenza col Consiglio europeo, negava tutto: “ha detto che Trump non ha fatto promesse chiare riguardo al backstop”. E perché? Per due ragioni.

La prima, è l’aver troppo tardi appreso, da Trump il quale lo annunciava di fianco a lui, che non c’è alcun veto russo: a Putin “ho fatto specificamente questa domanda. Non ha problemi con questo”. Tradotto, Macrone parlava di soldati francesi in Ucraina, perché contava sulla ferma opposizione del Cremlino. Ora che non può più sperare in un veto di Putin, cerca disperatamente una via di fuga.

Chi paga?

La seconda, sono i soldi: chi paga? Macrone chiede di essere compensato dalla Russia, mettendo le mani sui 230 miliardi di riserve di banca centrale russa – sequestrate ma non espropriate – giacenti in Belgio. Nel processo, assestando l’ultimo esiziale colpo allo status dell’Euro come valuta di riserva internazionale.

Ciò che Trump col dollaro è ben lontano dal voler fare e, infatti, punta a finanziare la propria quota di armi e ricostruzione in tutt’altra maniera: con l’accordo US-Ucraina di sfruttamento dei giacimenti minerari, proventi destinati a beneficio delle spese di ricostruzione.

Macrone potrà contare sui mitici fantamiliardi da nuovi fantasmagorici fondi leuropei, dei quali va blaterando la piddinia nostrana. Glielo ha spiegato il prossimo cancelliere Friedrich Merz, giovedì a Parigi: chiacchere sulla condivisione della force de frappe, quante ne vuole … debito comune nein, anche se nevicassero cosacchi. Tanto più in quanto i negoziati fra Washington e Mosca molto logicamente ignorano Berlino, cioè i suoi ben noti desideri di riaprire l’esploso gasdotto NordStream … la cui stessa esistenza è stata certamente una delle cause scatenanti il conflitto.

Quanto alla Ue e Von der Leyen, manco val la pena di accennare: Leuropa non esiste. Punto.

Il tranello francese

In una parola, Macrone sta nella merda. Ed eccolo tendere a Trump un piccolo-grande tranello. A Washington, molto egli ha insistito che Trump accettasse di ricevere Zelensky, per la firma dell’accordo minerario. Richiesta che Trump ha confermato essere giunta della parte ucraina.

Ed ecco Zelensky profittare dell’occasione fornitagli da Macrone, per dinamitare i piani di Trump: durante lo scambio in Sala Ovale, lo abbiamo visto tutti.

La rissa è stata molto ben descritta da Federico Punzi, quindi andiamo veloci: Zelensky vuole la vittoria totale e pretende di averla coi soldati americani … ma ciò è irrealistico. Inoltre, egli pretende di trascinare Usa in una guerra con la Russia, svolta al servizio dei propri obiettivi di guerra ucraini … ma ciò è irrispettoso della democrazia americana. Infine, Zelensky ripetutamente ha dato del bugiardo e – addirittura – del plagiato da Putin a Trump … ma ciò è sciocco.

Diverso sarebbe se Zelensky avesse accettato gli obiettivi americani … per poi andare insieme a vedere le carte di Putin: allora sì, forse, avrebbe avuto soddisfazione. Ma egli ha fatto l’esatto contrario: è andato a Washington per cercare la rissa. La ha trovata.

Conclusioni

L’Ucraina è solo una delle questioni che interessano Usa ed alleati europei. Su tutte, il buon Trump ha saputo farsi amico il Regno Unito, oltre all’Italia che già era sua. Lasciando in brache di tela i soliti franco-tedeschi.

Le guerre mondiali, si sa, sono sempre fra Germania e anglo-americani. Zelensky, per sua sfortuna, ha scelto la parte sbagliata della III guerra mondiale. Chissà che egli maturi una conversione, ma rapida: magari già oggi, a Londra.